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Dopo il 14 dicembre. Impressioni dalle facoltà occupate

Che da qualche mese qualcosa stesse cambiando a molti era chiaro.
I più se ne sono accorti solo il 14 dicembre. In particolare son caduti dalle nuvole coloro che fino a quel giorno avevano preferito vedere nel movimento solo giovani che si limitavano ad animare flash mob ed a inviare accorate lettere a “Vieni via con me”, adulandoli per questo.
In piazza del Popolo, nonostante il fumo dei lacrimogeni, molti hanno sgranato gli occhi nel vedere quegli stessi giovani sviluppare con naturalezza una forte volontà di resistenza agli attacchi armati del potere.
Qualcosa ora è quindi cambiato per tutti, che piaccia o no.
Il corteo romano ha così dato il via ad un ampio dibattito che si è imposto in tutta la società italiana, improvvisamente resasi conto di aver fatto crescere una generazione senza prospettive, né immediate né future ma, con sua somma sorpresa, ben determinata a non farsi schiacciare senza lasciare un conto amaro da pagare.
Tralasciando le inutili osservazioni di certi corvi, abituati ad aggirarsi attorno al movimento da più o meno tempo, la discussione veramente interessante è quella che è nata fra gli stessi attori di quella giornata. Pur con delle critiche, delle incomprensioni e dei malumori, quanto è successo a Roma è stato rivendicato da tutti. Anche da chi solamente qualche settimana prima si era sgolato contro i tafferugli del 30 novembre, accusando chi ne era stato coinvolto di vandalismo, ingenuità e poca consapevolezza dell’immagine che davano del movimento. Anche da chi, criticando ogni forma di violenza, tutt’ora ritiene che vi siano altre forme di protesta e altre modalità di comunicazione con il resto della società italiana che potrebbe non capire la rivolta. Gli scontri di piazza del Popolo risultano così essere la memoria condivisa di un movimento che sta crescendo, in cui vediamo porsi in maniera differente rispetto al passato anche coloro che non avevano partecipato all’Onda, per disinteresse o per sfiducia.
Ma è sul valore di questa esperienza che nelle assemblee di facoltà si aprono ampie discussioni fatte di malumori, critiche a ‘chi ha fatto certe cose’, che pur non permettendo di uscire dall’impasse del “violenza sì violenza no” (questione assolutamente poco produttiva), stanno creando un bellissimo clima di confronto e di fermento.
È un altro segno che è cambiato qualcosa con questa mobilitazione: l’impegno, la volontà di combattere e di portare oltre la contestazione, la fiducia nelle lotte sono tornati ad essere un orizzonte condivisibile da tutti. Il Movimento risulta essere argomento di discussione all’ordine del giorno. Non sono ora inusuali momenti di socialità in cui si dibattono, anche con toni accesi, speranze e progetti sul futuro di questa mobilitazione e sulle necessarie pratiche da mettere in campo.
La nostra generazione è finalmente tornata a discutere e a interessarsi di quanto le si muove attorno, mostrando così una volontà, forse tardiva, di assumersi la responsabilità del cambiamento. Questo è il primo segno che il Movimento sta andando bene. Vi sono adesso attesa e impazienza sulle prossime mosse. L’importante è che queste aspettative non vengano deluse, altrimenti i danni sarebbero, oltre che drammatici, irrecuperabili.

Jacopo F.